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La MotoGP non è l'Enterprise, ma i piloti leggono il dashboard a velocità curvatura

Marquez ha corso il 60% del GP di Assen leggendo i dati del cruscotto: non è un fenomeno. Lo faceva anche Ayrton Senna sulla difficilissima pista di Montecarlo. Come è possibile? Freddie Spencer lo spiegò nel 1983: lui riusciva a vedere in 'slow motion', cioè al rallentatore!

La MotoGP non è l'Enterprise, ma i piloti leggono il dashboard a velocità curvatura

- Spock: viaggiamo a velocità di curvatura, come avete fatto a teletrasportarvi?
- Kirk: beh, il genio è lei, lo scopra.
- Spock: come facente funzione di capitano le ordino di rispondere.
- Kirk: non le rispondo facente funzione di capitano.

Se il capotecnico di Marquez, Frankie Carchedi, avesse avuto la possibilità di parlare con il suo pilota, durante il Gran Premio d'Olanda, come accade solitamente in F1, pensiamo che la conversazione sarebbe stata presso a poco questa. Con la differenza che alla domanda di Frankie sui bar di pressione della sua gomma anteriore, Marc avrebbe risposto positivamente, indicandogli addirittura i decimi di bar. Questo pur guidando a velocità curvatura.

E andando al limite su una moto da 300 cv, a quasi 180 Km/h di media in un circuito come Assen, pilotando con un occhio al dashboard ed un altro all'asfalto che scorre vertiginosamente.

Alla fine, però, è lo spettacolo, questo, che ha messo in scena Marc Marquez durante il GP d’Olanda, chiuso ai piedi del podio, al quarto posto, per poi essere retrocesso al 10°, grazie a 16 secondi di penalità.

Che qualcosa non funzionasse ce ne siamo resi conto subito, quando Marc all’8° giro ha palesemente fatto cenno a Di Giannantonio di passare. Da quel momento in poi il suo Gran Premio lo ha corso con un occhio alla pista ed uno al cruscotto. A quelle velocità. Con quei tempi di reazione necessari per frenare e poi infilare ad ogni curva la strettoia che è la traiettoria che ti permette di baciare il punto di corda.

E’ difficile spiegare quanto sia difficile quest’esercizio. Per noi modesti motociclisti da trackday, impegnati sempre al cento per cento nel controllo di moto sempre più veloci, largamente al di sopra delle nostre possibilità è pura fantascienza. Ma non per questi ragazzi dalle caratteristiche straordinarie. Attenzione: non è una capacità che ha solo Marquez, sia ben chiaro.

Ciò infatti ci fa tornare alla mente quanto ci disse, molti anni fa, l’ingegnere di pista di Ayrton Senna quando ci riferì che il brasiliano, di ogni curva, di ogni giro, era in grado di indicargli il regime esatto del motore e tanti altri parametri, mentre guidava a Montecarlo!

Non è una novità a questi livelli: Freddie Spencer, nel giorno della conquista del suo primo titolo mondiale, ad Imola, nel 1983, parlò di slow motion: la sovrannaturale capacità di vedere tutto ciò che accadeva nella pista come se gli scorresse al rallentatore davanti agli occhi.

Marquez si è impegnato in questo esercizio per tenere sotto controllo la pressione della gomma anteriore, scesa di 0,1 sotto il limite indicato dai regolamenti, aiutandosi con la scia di chi lo precedeva. La norma prevede infatti che si debba restare per almeno il 60% dei giri nella finestra prevista. Marc la ha mancata perché nel contatto con Bastianini ha dovuto allargare e rallentare e senza più l’aiuto dell’aria calda di chi lo precedeva la gomma si è raffreddata e la pressione è calata.

Non c’è stata alcuna recriminazione da parte sua, solo la speranza, resa reale dalla telemetria, che poiché la pressione era calata sotto il limite proprio dopo l’involontario contatto, che non è stato sanzionato perché giudicato ad incidente di gara, i giudici ne tenessero conto. Così non è stato perché il regolamento non prevede eccezioni di alcun tipo.

Quindi è tutto regolare. La MotoGP non è l'Enterprise.

E pensare che, in autostrada, abbiamo difficoltà a leggere la frequenza nel display dell’autoradio sul cruscotto. Sarà l’età.

 

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