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MotoGP, Marcellino Lucchi: "Meglio fare una vita da tester che due anni da pilota"

VIDEO - Il mitico Marcellino all'Aprilia All Stars: "Ne ho parlato sia con Pirro che con Savadori, sono bravi nel loro lavoro e devono continuare. La 500? La ricordo bene, una belva"

MotoGP, Marcellino Lucchi: "Meglio fare una vita da tester che due anni da pilota"
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In giro per i box a Misano durante l'Aprilia All Stars è stato bellissimo ammirare tante moto che hanno fatto la storia della Casa italiana. Ma la storia non può essere scritta senza gli uomini che l'hanno resa possibile e nel caso di Aprilia è molto facile pensare subito a Marcellino Lucchi, una sorta di Michele Pirro ante litteram, il tester che andava forte quanto gli ufficiali e che spesso in gara ha regalato più di un mal di pancia a piloti teoricamente su un altro pianeta. 

Marcellino a Misano passeggiava proprio tra queste moto nei box quando lo abbiamo incontrato, in particolare stava ammirando l'ultima 500 di Noale, quella che portò in gara Jeremy McWilliams prima che Aprilia decidesse di fermare questo progetto e dedicarsi alla RS Cube, altra moto sviluppata da Lucchi. Come sempre gentilissimo, è stato un piacere scambiare due chiacchiere con Marcellino, che conserva quello sguardo quasi arcigno, uno specchio di un'anima buona ma parecchio combattiva. 

Che mi racconti di questa Aprilia 500?
"Direi che le conosco molto bene. Con questa 500 non ho fatto tutto lo sviluppo, ma ci ho fatto due gare perché Doriano Romboni si era infortunato e devo dire che me le ricordo bene tutte e due. Era una moto veramente tosta da guidare, una moto che con l’elettronica che avevamo all’epoca era veramente dura da guidare, si impennava sempre, i cavalli che aveva erano tanti per il suo peso. Direi che l’elettronica non era adeguata, quindi chi la guidava e riusciva ad andarci forte, era un bel manico".

Certo la Cube non è che fosse un agnellino al confronto... 
"La RS Cube è stata difficile all’inizio. Aprilia era proprio all’inizio con il lavoro sull’elettronica di un 4 tempi. C’era tantissima potenza, ma l’erogazione era cattivissima. Era molto peggio da guidare rispetto alla 500. Però piano piano abbiamo cominciato a smussare certi aspetti e secondo c’era tanto margine ancora per lavorare, poi però il progetto fu chiuso, perché sappiamo che all’epoca Aprilia fu venduta a Piaggio. Però quella esperienza che facemmo con la Cube è poi servita molto per il V4 che è diventato la base per la RSV4, una moto vincente. L’esperienza che hanno fatto i tecnici con quella Cube è stata utilissima per fare le moto che sono arrivate dopo".

Si parla spesso di Pirro come primo tester veloce di una Casa, ma questo primato appartiene a te. 
"Io sono arrivato prima di Pirro, direi. Nella mia categoria, ero un tester che dava parecchio fastidio anche agli ufficiali. Ho vinto anche un Gran Premio, quando correvo ero sempre in lotta con i migliori della categoria. Un tester deve essere un pilota veloce, ma anche molto sensibile. Allora anche gli ingegneri si affidavano molto di più alle sensazioni che tu riuscivi a trasmettergli. Oggi con la tecnologia che c’è, il pilota deve di più confermare quello che l’elettronica dice e che pensano debba fare la moto. Però per me il tester veloce e sensibile resta la cosa più importante".

Ma ti sei mai pentito di non aver provato a fare il pilota a tempo pieno?
"Io ho capito che fare il collaudatore mi piaceva molto di più che fare il pilota ufficiale di un grande team, anche perché l’Aprilia mi dava la possibilità di fare delle wild card spesso, oppure di sostituire i piloti infortunati e facevo sempre la mia sporca figura. Ne ho parlato anche con Michele Pirro e Lorenzo Savadori, gli ho detto che è meglio fare i piloti collaudatori in certe squadre ad un certo livello per una vita, che fare i piloti un anno o due e poi restare a piedi. Sei un bravo collaudatore? Sfrutta questa cosa. Poi anche da parte dei piloti ufficiali quando fai una moto che va forte, hai un riconoscimento. E’ una bella soddisfazione, io sono contentissimo di quello che ho fatto e se mi chiedi oggi se avrei cambiato quella carriera per quella da pilota ufficiale forse ti dico di no".

Una volta mi hai promesso che avresti scritto un libro su tutte le cose strane che hai portato in pista. La mantieni questa promessa?
"Mi piacerebbe! Un po' come ha fatto Pernat, no?".

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