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La F.1 dice noi ai piloti 16enni, la MotoGP li cerca. Obiettivi diversi per Ecclestone e Ezpeleta con la necessità di proteggere la 'biodiversità', del motociclismo


ecclestone-ezpeletaForse la F.1 è veramente un mondo a parte. Un universo alieno rispetto al motociclismo. Quest'anno infatti in Moto3 debutteranno il nostro Stefano Manzi, nato il 29 marzo del 1999, Fabio Quartararo, che è venuto alla luce a Nizza il 20 aprile del 1999 ed il figlio d'arte Remy Gardner che addirittura è del 24 febbraio 1998. Sedicenni, 17enni, spesso, molto spesso con già una intensa attività agonistica alle spalle che giustifica in pieno il passaggio al mondiale. In MotoGP, invece, il debuttante più giovane è Maverick Vinales che è nato nel 1995, il 12 gennaio, praticamente la stessa età di Jack Miller nato sei giorni dopo. 'Magic' Marquez dal canto suo quest'anno compirà 22 anni...ma ha già alle spalle due titoli iridati in MotoGP e due nelle classi minori, Moto3 e Moto2. Il primo vinto nell'ormai lontano 2010, quando aveva solo 17 anni. Alla luce di queste date, anche se è indubbio che sia in atto un processo di ringiovanimento del motociclismo, non si può dire che nella classe regina ci siano piloti incredibilmente giovani. A fare da filtro, nel mondo delle due ruote, sono appunto le due classi di accesso. Quel che manca alla massima formula dell'automobilismo che dal 2016 ha detto basta ai piloti sedicenni, mettendo così prematuramente la parola fine all'ingaggio di piloti come Max Verstappen che preso dalla Toro Rossi a sedici anni, a marzo debutterà in F.1 ad appena 17. Per farlo la FIA non ha messo solo un limite di età, ma addirittura ha creato un meccanismo a punti che sarà in vigore dal 2016 e che prevede un punteggio minimo per gareggiare in F.1. Servono 40 crediti - sì avete letto bene, come quelli che si prendono all'università dopo gli esami - distribuiti in base ad una tabella che prevede vari campionati: Formula 2, GP2 Series, EuroF3, Mondiale Endurance, Indycar ecc. Ecclestone e soci per evitare l'arrivo di giovani scriteriati ha previsto anche una discriminante nel caso di penalizzazioni e addirittura un 'esamino' sul Codice e Regolamento Sportivo ed introdotto un minimo di chilometraggio - 200 Km - da effettuarsi su di una monoposto prima dell'inizio del campionato.
La tabella pubblicata dal Corriere dello Sport La tabella pubblicata dal Corriere dello Sport

In realtà le maglie non sono così strette come sembrerebbe. Il punteggio infatti è accumulabile in un triennio, dunque non sembra un obiettivo invalicabile. Per la cronaca: se queste norme fossero già state in vigore non avrebbero potuto debuttare Daniil Kvyat, né avrebbe potuto farlo nel 2015 Verstappen appunto e Sainz. Il motivo della nuova regola è evitare ciò che invece nel motociclismo sembra ormai la regola: far arrivare piloti nuovi, possibilmente giovanissimi, per spingere fuori dalla porta, progressivamente, tutti i piloti che sono approdati nella classe regina (ma anche nelle altre classi) senza particolari meriti, ma solo grazie alla crisi che ha privilegiato i piloti con la valigia. Dunque chi fa la cosa giusta, Bernie Ecclestone o Carmelo Ezpeleta? Diciamo che entrambi hanno ragioni da vendere. Il motociclismo, dal canto suo, come dicevamo, ha già un 'filtro', Moto3 e Moto2, che correndo assieme alla MotoGP, negli stessi giorni, funziona piuttosto bene. D'altro canto, però, c'è un ulteriore particolare da non sottovalutare e che andrebbe esaminato: la fuga in avanti verso la massima cilindrata che impedisce a Moto3 e Moto2 di far crescere campioni che possono essere identificati dal pubblico come 'serial winner'. E' questo un problema da non sottovalutare perché nel passato 125 e 250 con piloti come Angel Nieto o Toni Mang avevano lo stesso seguito della 500. Gli spagnoli lasciavano spesso il circuito dopo i primi giri della mezzo litro, perché non erano interessati a cosa facevano i dominatori americani di turno, così come in Germania il grande seguito era per Toni. Non per Kenny Roberts o Barry Sheene. Ciò comportava che la stampa nazionale seguiva prevalentemente le  cilindrate nelle quali i propri piloti ottenevano successi, se non esclusivamente, mentre oggi, invece, è esattamente il contrario. Moto3 e Moto2, infatti, sono scarsamente seguite sui media tradizionali e praticamente ignorate dai quotidiani politici. E questo è un danno. E' accaduto anche da noi quando il 'serial winner' italiano era Fausto Gresini. Era lui ad occupare i titoli principali, alla classe regina dominata da stranieri andavano le briciole. E questo anche se, dal''81 all''82, avevamo avuto un breve periodo di luce grazie ai titoli di Marco Lucchinelli e Franco Uncini. Oggi la situazione è diversa: sembra che una volta assaporato il titolo della massima cilindrata le altre cilindrate abbiano perso fascino. Una cosa naturale visto che l'attuale organizzazione e gestione del campionato spinge la maggior parte dei piloti a voler approdare in MotoGP. Questioni di visibilità, naturalmente, spesso associata a denaro. Anche se quest'ultimo non abbonda neanche in MotoGP. La recente crisi, che ha penalizzato gli alti costi della classe regina, dovrebbe però far ripensare questa filosofia. Sarebbe opportuno, secondo noi premiare anche quei piloti (e relativi team) che, pur vincendo, pensano di restare più a lungo in Moto3 e Moto2. Per non finire nel binario morto di una classe regina nella quale fare risultati di vertice è difficilissimo. Pensiamo a Romano Fenati che ha deciso di restare in Moto3 per vincere, nonostante la pressione di salire di cilindrata. In fondo il pubblico ama i vincitori seriali e dimentica presto chi non vince con costanza. Il caso di Gabor Talmacsi è illuminante: la sua illusione di poter far bene anche fra i pesi massimi ci ha privato di un grande bacino di tifosi ungheresi. Ricordate? Era stata iniziata anche la costruzione di un nuovo circuito. E' finito tutto nel nulla quando è stato evidente che il bravo Talmacsi non era adatto a guidare una MotoGP.Il suo, peraltro, non è un caso isolato: lo stesso accadde a Sito Pons ed a Toni Mang, velocissimi nella quarto di litro ed appena sufficienti in 500. La domanda, se si vuole ridurre alla fine tutto all'audience televisiva è: porta più appassionati in Germania uno Stefan Bradl vincente od un piazzato in MotoGP? La nostra opinione in proposito è chiara. Decisamente Bernie Ecclestone e Carmelo Ezpeleta, al momento, hanno problemi diversi. Non bastano infatti limiti di età, la strada attualmente imboccata dalla F.1, per far tornare interesse in una categoria soffocata dai regolamenti cervellotici, né al contrario va bene la più totale apertura che crea un continuo flusso dalla Moto3 alle categorie superiori. E' importante, invece, valorizzare, nel motociclismo, le singole categorie senza attribuire loro il bollo di 'serie B'. Insomma, se nell'atletica sono i 100 metri a fare spettacolo, con Usain Bolt sugli scudi, perché semplici da capire, gli stadi vengono riempiti durante le manifestazioni perché ci sono anche i 200, i 400, gli ostacoli, i 3000 siepi, fino alla maratona. Il motociclismo ha un vantaggio rispetto alla F.1, la sua biodiversità, sfruttiamolo e facciamo tornare nei circuiti e davanti alla TV gli appassionati veri. Non quelli che seguono solo il fenomeno di turno.

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