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Il motociclismo in TV: da SKY ai new media. Non è più (solo) una questione di numeri


sky-per-la-motogp-Motori-Sport-Rosario-Triolo-Davide-Camicioli-Mauro-Sanchini-Irene-Saderini-Loris-Capirossi-Francesca-Zambon-Sandro-Donato-Grosso-e-Zoran-FilicicIl 2014 per il motomondiale è stato l'anno della svolta epocale: dalla TV generalista in chiaro di Italia1 a quella sul satellite e a pagamento di Sky. Come sempre quando c'è una novità i pareri sono stati discordi, divisi fra quanti hanno applaudito l'innovazione tecnologica dell'HD, del super slow motion e delle onboard camera ruotanti e quelli che hanno elevato invece peana propiziatori affinché si tornasse presto alla TV in chiaro. Innanzitutto bisogna dire che non si è trattata di una novità assoluta. Erano gli anni di Wayne Rainey, Mick Doohan e Max Biaggi in 250 - marzo 1992 - quando il motociclismo lasciò le braccia di mamma Rai per approdare in quelle di Tele+. Anche allora le principali lamentele riguardarono la copertura televisiva, da molti giudicata insufficiente per le esigenze degli sponsor. Ricordatevi che parliamo di un periodo in cui effettivamente la diffusione del segnale era scarsa, visto che c'era ancora il segnale analogica sulle frequenze ex Telecapodistria. Comunque il motomondiale sopravvisse, nonostante nel gennaio 1995 la Dorna (già in mano a Carmelo Ezpeleta) avesse intentato causa a Telepiù chiedendo l'immediato scioglimento del contratto ufficialmente proprio per la carente copertura. La causa si risolse un mese dopo con la piena vittoria della società italiana che poté trasmettere regolarmente il Motomondiale per i due anni a seguire, nonostante le forti pressioni politiche che spingevano per un ritorno in Rai. Nell'agosto dello stesso anno infatti la FMI, Federazione Motociclistica Italiana, presentò un esposto presso il Garante per la radiodiffusione e l'editoria (che poi sarebbe diventato l'Agcom) appellandosi alle norme Antitrust. Anche in questo caso il ricorso si concluse con una vittoria di Telepiù, ma interessante fu la presa d'atto del Garante che lamentò "l'inesistenza di una disciplina legislativa che individui quali siano i programmi sportivi di particolare interesse da trasmettersi obbligatoriamente in chiaro", norma che venne istituita due anni dopo con una delibera della neonata Agcom", leggiamo su digital-sat.it. sky1Cosa è cambiato da allora? Secondo noi molto, anzi moltissimo. Già perché nel 1992 se non si stava davanti ad una TV (e non si prendeva il segnale) non si vedeva l'avvenimento. Oggi al contrario è possibile seguire i Gran Premi da ogni dove grazie ad app specifiche (SKYGO) o da computer via internet. Certo, bisogna essere abbonati, ma la qualità - dappertutto - si paga. C'è stato un momento in cui da internet si scaricava a manetta, poi la gente si è abituata alla qualità ed ha cominciato ad acquistare. Parolina magica grazie alla quale il settore della musica, dopo anni di lamentele dovute alla diffusione degli MP3 piratati, è rifiorito (grazie all'idea lanciata dall'Apple store N.d.R.). In questo caso si è rotto dunque l'assioma che afferma che la rete è il luogo dove libertà fa rima con gratuità. Una cosa non vera visto che per navigare c'è una bolletta da pagare e oggi uno smartphone evoluto costa quanto una moto usata, ma tant'è è indubbio che si faccia sempre più fatica, visto anche il momento economico, a sobbarcarsi l'ennesimo abbonamento. Ci avete fatto caso no? Ormai si va verso questa formula: anche per il software più che una cifra una tantum i produttori chiedono un rata mensile. Le abitudini cambiano e portano con sé nuove forme comportamentali alle quali è necessario abituarsi. Una soprattutto: l'informazione, e intendiamo con questa parola veramente tutto, dagli spettacoli allo sport, passando per le letture, è ormai frammentata. Ci si inizia ad informare al mattino leggendo le notizie o guardando i video su tablet, si prosegue poi al bar sfogliando un quotidiano facendo colazione per approdare poi al PC in ufficio. La sera si segue il percorso contrario: per chi non ha perso le buone abitudini si legge qualche articolo di approfondimento su carta o su web, magari davanti alla TV. Ciò significa sicuramente meno lettori di giornali e riviste, e meno spettatori passivi davanti alla televisione. E' un male? sky2Non crediamo. Ormai l'informazione è un tutto diffuso. Sappiamo di utilizzare una parola scontata, ma è tutto su cloud, una nuvola alla quale accediamo ormai quasi per fare qualsiasi cosa. Siamo arrivati così all'individuazione dei 'numeri unici' che se in informatica da tempo identificano il singolo numero IP di collegamento alla rete, stanno facendo proseliti anche in TV. Non la vediamo più tutti nello stesso tempo, nel medesimo momento. Ormai è 'on demand', o semplicemente in replica. Certo, i numeri presi singolarmente sono minori, ma la qualità? Vogliamo dire, sicuramente un sacco di informazione sfugge alla famosa casalinga di Voghera, ma ci interessa veramente averla come referente quando ciò che vendiamo sono motociclette, abbigliamento sportivo, bevande energetiche, lubrificanti e cose di questo genere? Discorso diverso va fatto quanto a 'notorietà'. E' ovvio infatti che in quel caso la casalinga di Voghera conta. E' un numero in più. Ed infatti è questo il motivo per cui andiamo dicendo da tempo che siamo noi, tutti noi, che facciamo informazione a doverci adeguare. Dobbiamo essere presenti su più piattaforme, da quelle istituzionali ai social (non ce ne eravamo dimenticati!) sapendo però che ognuna di esse non ha più la centralità di un tempo. E magari spingerci ognuno un po' di più nel campo dell'altro: fare informazione a tutto tondo. Il fenomeno del calo degli ascolti TV assumerà così un contorno maggiormente definitivo e, in fondo, meno angoscioso. Analizzando con questo occhio i dati di SKY di quest'anno ci paiono un discreto inizio. Anche qui si vedono i 'milioni' (vi rimandiamo alla spiega (*) per i singoli numeri), ma anche il calo in  centinaia di migliaia che hanno fatto impressione, in negativo anche sulla carta stampata. Ma di cosa stiamo parlando? Il Corriere della Sera oggi fa 334.050 copie, La Repubblica 328.703. I quotidiani sportivi La Gazzetta dello Sport, Corriere dello Sport e Tuttosport rispettivamente 272.328, 160.888 e 88.809 **. Ricordate quando le cifre erano superiori al mezzo milione? Allora, cosa dobbiamo fare, advertising piuttosto o solo sul Messaggero di San Antonio che distribuisce il rispettabile numero di 455.030 copie **? Riconsideriamoli questi numeri e proviamo tutti ad analizzare l'informazione nel suo insieme e non singolarmente. Certo, ora, specie per i pubblicitari è più difficile avere un quadro completo e veritiero, dei numeri attraverso i quali dividere i pani ed i pesci del vil denaro che tiene tutto il meccanismo in movimento. C'è un trucco però: guardare alla qualità dell'informazione. Alla continuità, alla presenza sul campo. All'affidabilità. E' questa che crea affezione e, di conseguenza, numeri. E diamo la nostra preferenza a chi ci fornisce servizi che riteniamo adeguati. Sapendo peraltro che, come consumatori, possiamo farci sentire attraverso cento canali diversi. Il discorso peraltro è molto più lungo e complesso, perché effettivamente una disaffezione c'è e deriva da un fenomeno semplice: meno informazione si ha, meno se ne richiede. Ci ritorneremo. * Per ogni gara di MotoGP, Moto2 e Moto3 vengono riportati a destra AMR (=spettatori medi), SHR (=share) e RCH (spettatori unici), sia per quanto riguarda Sky che Cielo. Per le gare in simulcast (quindi in diretta sia su Sky che su Cielo), vengono riportati anche i dati in termini di AMR, SHR e RCH che si trovano in fondo a destra: si riferiscono alla somma Sky+Cielo, per avere un dato complessivo dei due canali nelle domeniche in cui hanno trasmesso i GP alla stessa ora. **Fonte: Prima Comunicazione.  

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