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Breve storia della piega. Da Mike Hailwood a Marc Marquez. L'evoluzione: dalla 500 alla MotoGP


hailwood1967All'inizio degli anni '70 i migliori piloti del mondiale toccavano con la punta dello stivaletto in curva e Mike Hailwood - mica l'ultimo - diceva che il contatto gli serviva per verificare l'inclinazione della moto. Erano i tempi in cui si stava composti sulla moto, in asse quasi perfetto, con il sedere sulla sella. Unica controindicazione: si bucavano gli stivali e, a volte, ci si feriva anche alle dita dei piedi. Poi iniziò l'epoca del ginocchio in fuori. 08agostini_monza"La gamba all'esterno può essere esteticamente brutta - osservava Giacomo Agostini - ma così facendo, soprattutto sul veloce, si ottiene anche un effetto aerodinamico: l'aria che spinge sulla coscia aiuta ad inclinare la moto". E arriviamo agli anni '80. Le Dunlop 'a pera' hanno lasciato il posto alle prime gomme slick. Il risultato è che si inizia a toccare con il ginocchio. Lo fanno sia il longilineo Barry Sheene che il brevilineo Kenny Roberts, e poi tutti gli altri gli vanno dietro. E al posto dello stivaletto bucato, segno distintivo del grande piegatore, si sostituisce il ginocchio incartato di nastro americano. E' ancora il tempo delle visiere usate, tagliate e poste a protezione dell'articolazione, poi arriveranno le ginocchiere 'ad istrice' di Dainese, prima delle saponette di vari materiali. 05Kenny-Roberts Da allora sono passati più di trenta anni e lo stile di guida ha continuato ad evolversi con i piloti sempre più protesi fuori dalle proprie moto. Ricorderete Randy Mamola che staccava addirittura il piede esterno dalla pedana per appendersi a mò di scimmia sulla sua NSR tre cilindri. 03randy-mamola C'erano varie giustificazioni per gli stili più disparati, da quello 'contorto' di Mick Doohan a quello preciso e lineare di Eddie Lawson e Luca Cadalora.

07lucacadaloraE praticamente senza grandi differenze siamo giunti ai giorni nostri. Anzi a qualche stagione fa con lo stile molto più aggressivo mostrato in pista da Casey Stoner, che invece di scendere con sedere e gamba, per spostare il baricentro più in basso all'interno della curva, ha iniziato a muovere il busto all'interno ed in avanti. Solo una moda? Niente affatto, semplicemente la risposta ai cambiamenti in atto nell'evoluzione delle MotoGP. Cambiamenti che in gran parte sono stati determinati anche questa volta dalle gomme. Ve lo ricordate, vero, Makoto Tamanda nel 2004 a Rio? Si prese il gusto di piegare, sulla stessa moto, la Honda cinque cilindri RC211V, nientemeno che Max Biaggi. Lo rincorse, lo raggiunse e lo superò lasciandolo sul posto. Unica differenza fra le due moto: gli pneumatici. Bridgestone per il giapponese, Michelin per l'italiano.

MakotoTamadaL'arrivo delle slick giapponesi è stato un punto di svolta per i piloti della MotoGP. Fino a quel momento, infatti, le coperture usate - e vincenti - erano le Michelin. Gomme leggere, dalla carcassa morbida. La risposta ai costruttori che volevano pneumatici che pesassero poco perché la teoria insegnava che una massa non sospesa, per di più in rapida rotazione, era un problema. I tecnici della Bridgestone, fin dagli inizi, posero però la questione in altri termini: cosa preferite, la leggerezza o il grip? Grip! Grip! Grip! risposero gli ingegneri. Il risultato, dopo alcuni incresciosi problemi che chi segue l'evoluzione delle gomme ricorderà, sono le slick Bridgestone attuali. Non abbiamo i dati ufficiali, ma esse pesano circa il doppio delle precedenti Michelin. Diciamo che se queste ultime sulla bilancia si avvicinavano ai 2 Kg, le Bridgestone ne pesano 4! "La loro carcassa è molto rigida - ci confermava Loris Capirossi che, quando era in Ducati le definiva 'gomme di legno' oppure 'gomme di marmo' - per sfruttarle al meglio hanno bisogno di molto carico, per essere scaldate". Già, molto carico. Inizialmente anche troppo carico. Non tutti i piloti, solo i più veloci, riuscivano a mandarle rapidamente alla loro temperatura di esercizio. Ve li ricordate i primi giri in prova di Stoner, no? Sempre a cannone. E c'era un motivo. Questo motivo. Naturalmente al supergrip, che ha portato l'angolo di piega a raggiungere i 65°, non si è arrivati dall'oggi al domani, ma i migliori piloti hanno capito subito che bisognava adeguare il proprio stile di guida. Anche perché il maggior grip obbligava gli ingegneri a riposizionare la distribuzione dei pesi delle moto. CaseyMentre infatti il problema dell'alleggerimento di peso in accelerazione veniva risolto dai sistemi elettronici anti-impennamento, i piloti cominciavano a lamentarsi del fatto che la gomma posteriore pattinava - spinnava in gergo angloitaliano -impedendo loro di aprire il gas! Serviva più grip meccanico. Problema risolto in parte con geometrie del link dell'ammortizzatore ed in parte arretrando il peso sulla ruota motrice. E torniamo a Casey Stoner, subito seguito a ruota da Dani Pedrosa. Lo spostamento del busto e della testa in avanti era la risposta alla necessità di indirizzare la ruota anteriore, cioè restituirgli un po' di peso. Una guida molto diversa da quella, rotonda, di Lawson e Cadalora, che privilegia una traiettoria più segmentata, un angolo di piega elevato, ed un veloce raddrizzamento della moto in modo da poter sfruttare al massimo l'aderenza in accelerazione senza far girare a vuoto la gomma posteriore e soprattutto di conseguenza senza far entrare troppo in azione il Traction Control (oggi c'è anche il problema del consumo di carburante!). Sembra facile, tutto ciò, ed il discorso estremamente lineare, ma in pratica le cose non sono così semplici. E la dimostrazione la danno le diverse caratteristiche di guida di Honda e Yamaha. Con la prima che è capace di 'girare' grazie ad una derapata controllata del posteriore, e la seconda invece decisamente più piantata su entrambe le ruote. marquezsave1Due filosofie diverse: la prima privilegia staccate molto aggressive, e capacità quasi incredibile di prendere la corda da qualsiasi traiettoria, la seconda ingressi più fluidi, ma maggiore velocità a centro curva. Questo lungo discorso sui diversi stili di guida che hanno caratterizzato le varie epoche spiega anche perché, durante i test di Brno, Marc Marquez sia stato in grado (con un po' di fortuna) di riprendere il controllo della sua Honda con una dinamica che ricorda drammaticamente l'incidente dello sfortunato Marco Simoncelli a Sepang. Non dimenticate la risposta data ai tecnici della Bridgestone dai progettisti: Grip! Grip! Grip! Con la gomma posteriore incollata all'asfalto a spingere, c'è motricità anche quando l'anteriore è al limite e nasce il sottosterzo. E come ha mostrato Marc, si riesce persino spostando il peso a far riprendere aderenza ad una anteriore che ha già mollato. Una volta questi salvataggi miracolosi non erano possibili. Mancava l'aderenza, la rapidità di intervento dell'elettronica a limitare l'aggressività dei motori e poi quando si perdeva peso sull'anteriore c'era poco da fare. Ecco perché la 'bella piega' di Alex Barros con la Suzuki si risolse solo in una bella caduta! 04alexbarros

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