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MotoGP, Superbike e l'incertezza delle regole scritte nell'assenza della FIM


bimota-Batta e Christian Iddon Ci fossero stati ancora i Flammini alla guida della Superbike avremmo detto che, questo fine settimana, glielo avevano fatto apposta alla Dorna a piazzargli la seconda prova del mondiale ad Aragon, in concomitanza con la MotoGP ad Austin.

A farci pensar male, soprattutto, il fatto che la SBK è in chiaro, e per di più con Guido Meda e Max Biaggi in cabina di commento, mentre dall'altra parte c'è SKY, a pagamento e con un team non ancora perfettamente affiatato. Il confronto, fra le due realtà, non potrebbe essere più spietato, anche se il campionato delle derivate di serie non può contare su personaggi dello stesso calibro di quello dei prototipi. Ma diamo tempo al tempo.

Purtroppo non è così, i due campionati sono gestiti entrambi dalla Dorna, e si vede. Non parliamo delle date: i calendari sono sempre difficili da sistemare e da sempre chi gestisce le due ruote ha paura di confrontarsi con le quattro. Parliamo invece dei regolamenti, o meglio, dell'assenza degli stessi.

Se, infatti, la MotoGP si è distinta per aver modificato quelle che dovrebbero essere regole fisse addirittura a pochi giorni dall'inizio del mondiale - parliamo del fatto che la sacrosanta scelta di correre Open della Ducati è stata incasellata in un qualcosa che prima non c'era, un privilegio che non è incomprensibile ma tardivo sì - la Superbike è stata capace di fare di peggio.

Già perché dopo aver legiferato per un (corretto) abbassamento dei numeri minimi per poter far correre una moto fra le derivate di serie, vista la perdurante crisi di vendita dei modelli sportivi, lo ha poi bellamente disatteso.

Intendiamoci subito: siamo contenti che la Bimota corra, non tanto o solo per il marchio in sé, ma perché dietro c'è Jean Francois Battà, forse il miglior manager della serie. Uno a cui la Superbike deve molto, cosa che Flammini sapeva bene. E' al belga che la SBK deve l'arrivo di Max Biaggi ed è indiscusso che il Corsaro abbia aumentato la visibilità del campionato.

Ciò che secondo noi è sbagliato è riscrivere una regola, quella dei numeri minimi, e poi disattenderla pochi giorni dopo. Tralasciamo come debbano sentirsi quelli che hanno ottemperato ai vecchi obblighi. Anche dall'altra parte, in MotoGP, del resto ci sono state vittime: l'Aprilia, a saperlo prima, avrebbe corso Open come la Ducati, visto che poi la sua presenza è finalizzata allo sbarco fra i prototipi nel 2016.

La cosa più importante, al di là dei piedi acciaccati dall'una e dall'altra parte, sta nel fatto di far correre, ancorché senza punti, una moto che non dovrebbe poter partecipare.

Un pilota in pista, infatti, non è un fantasma. Per stare dove sta occupa uno spazio, costringe a dei sorpassi, ne fa, cade, fa cadere. Insomma, è parte attiva di una competizione nella quale tutti sono protagonisti. E poiché i mondiali - proprio la storia recente lo insegna - si vincono anche con i mezzi punti, ecco che un pilota Bimota potrebbe involontariamente condizionare il campionato. Più giusto, a questo punto, sarebbe stato farli correre con pieno diritto (dunque punti) imponendo loro una penalità economica pesante nel caso non raggiungessero lo status corretto di partecipanti assemblando il numero minimo di moto previste entro il tempo previsto.

Ciò farebbe anche da deterrente per chiunque volesse - approfittando della visibilità che si ottiene gareggiando - cercare di raggiungere un risultato altrimenti non ottenibile.

Mi spiego: se domattina mi mettessi d'accordo con qualcuno in possesso di un vecchio marchio motociclistico alla luce dei fatti potrei gareggiare nel mondiale, cercare sponsor e, se sono bravo, anche trovarli. Magari riuscirei anche a piazzare qualche moto, insomma potrei organizzarmi un piccolo business. Incasserei e poi, non riuscendo a produrre il numero minimo uscirei di scena senza colpo ferire. Soprattutto con un (magari piccolo) guadagno, ma nessuna perdita. E per di più con un prototipo. Di nuovo chiedo la vostra attenzione: non è sicuramente questo che sta facendo Battà. Lui è uno che si meriterebbe di correre in MotoGP, non perché questa sia la serie A e la SBK la serie B, ma semplicemente perché è tanto, molto, più bravo di certi manager di mia conoscenza.

OK, questa è la mia opinione e la conclusione non può essere che una: ma è proprio impossibile scrivere regole il più possibile corrette e soprattutto senza doverle modificare all'ultimo momento? Dov'è la certezza del diritto? Quando si apre la porta a sistemi dove le regole possono essere modificate, non c'è giustizia. Una cosa a cui dovrebbe pensare la Federazione Motociclistica Internazionale, invece latitante. Per favore non rovinateci anche il mondo dello sport.

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